Era il lontano 1955 quando Vittorio de Seta, padre del documentario etnologico italiano, vinceva il festival di Cannes col suo Isole di fuoco, un documentario sulle difficili condizioni di vita delle isole Eolie di quegli anni. Capace di cogliere “un altro sguardo” De Seta ha dedicato la vita a raccontare attraverso il cinema la realtà degli ultimi, cercando di dare voce a chi altrimenti non sarebbe mai stato ascoltato, cercando di capire realtà lontane non solo geograficamente, ma anche a livello umano.
Ed è questa tensione, questo anelito di comprensione, questo porsi domande e cercare risposte non scontate che dovrebbe essere la spinta per realizzare ogni documentario.
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